Amministrazione di Sostegno: Limiti, Poteri e Criticità a vent’anni dalla Legge 6/2004

Un’analisi approfondita dei poteri dell’amministratore di sostegno e delle criticità nell’applicazione: come tutelare l’autonomia del beneficiario dal rischio di un’incapacità aggravata di fatto.

Introduzione:

L’introduzione dell’Amministrazione di Sostegno nel nostro ordinamento, con la Legge n. 6 del 2004, ha rappresentato una conquista di civiltà giuridica. L’intento del legislatore era chiaro: superare le rigide e stigmatizzanti misure dell’interdizione e dell’inabilitazione, introducendo uno strumento flessibile, duttile, capace di adattarsi come un “vestito su misura” alle reali esigenze della persona fragile.

La finalità è quella di offrire un supporto, un ausilio, limitando nella minor misura possibile la capacità di agire del beneficiario e valorizzandone, al contempo, la residua autonomia e il diritto all’autodeterminazione. Tuttavia, a quasi vent’anni dalla sua introduzione, la prassi applicativa rivela alcune significative criticità. In taluni casi, lo strumento, nato per proteggere, rischia di trasformarsi in un meccanismo di controllo che esautora l’individuo, tradendo lo spirito della legge. L’analisi di alcune di queste “zone d’ombra” è fondamentale per garantire che la tutela non diventi mai oppressione.

Il Principio Cardine: Proporzionalità e Rispetto della Volontà

Il cuore della riforma risiede nel principio di proporzionalità come ribadito più volte dalla Corte di Cassazione: la misura deve garantire la “massima tutela con il minor sacrificio possibile dell’autodeterminazione” (Cass. 7414/2024).

Eppure, non è infrequente imbattersi in decreti che, pur in presenza di una persona lucida e capace di esprimere i propri bisogni, impongono limitazioni totalizzanti, conferendo all’amministratore poteri gestori che coprono quasi ogni aspetto della vita del beneficiario, dall’ordinaria alla straordinaria amministrazione.

In questi casi, l’amministrazione di sostegno cessa di essere un “sostegno” e diventa una vera e propria interdizione di fatto, in palese contrasto con l’art. 409 c.c. La questione diventa ancora più delicata quando la misura viene richiesta non per una reale incapacità del soggetto, ma a seguito di conflitti familiari, spesso di natura patrimoniale.

Una decisione autonoma del genitore anziano, come la vendita di un immobile, può diventare il pretesto per una richiesta di amministrazione di sostegno da parte dei figli in disaccordo, trasformando un’aula di tribunale nel luogo di risoluzione di dinamiche familiari complesse, a discapito della libertà individuale.

L’Istruttoria: un Presidio di Garanzia che non va Trascurato 

Un provvedimento così incisivo sui diritti fondamentali della persona non può che fondarsi su un’istruttoria completa, rigorosa e non affrettata. L’art. 407 c.c. attribuisce al giudice tutelare ampi poteri istruttori, primo fra tutti quello di sentire personalmente l’interessato. La giurisprudenza, anche a Sezioni Unite, ha sottolineato la necessità di una “motivazione pregnante” (si veda Cass. SS.UU. 1606/2020), che dia conto di un’analisi critica di tutti gli elementi a disposizione. Costituisce, pertanto, un grave vizio procedurale l’emissione di un decreto di nomina definitivo in assenza di un accertamento tecnico definitivo.

Si pensi al caso in cui venga nominato un Ads definitivo prima dell’acquisizione di una consulenza medico-legale o una valutazione specialistica. Una simile decisione sarebbe prematura e fondata su un quadro probatorio monco, offerto dal ricorrente, in palese violazione del diritto di difesa e del principio del giusto procedimento. In assenza di dati tecnici oggettivi, la parola e la percezione diretta della lucidità del beneficiario in udienza dovrebbero assumere un peso ancora più determinante.

Le medesime fondamentali riflessioni andrebbero fatte per la nomina di un Amministratore di Sostegno provvisorio.Anche in questo caso, il provvedimento d’urgenza – sebbene necessario in situazioni di comprovata necessità – non può essere emesso con leggerezza. È frequente assistere a decreti che, in via provvisoria, impongono limitazioni molto ampie alle libertà personali del beneficiario (come la gestione del patrimonio, la scelta del medico curante, la libertà di movimento), talvolta prima ancora che lo stesso sia stato ascoltato. Questo approccio rischia di snaturare la natura protettiva dell’istituto, trasformando una misura di urgenza in una pre-determinazione del giudizio definitivo, con pregiudizio per i diritti della persona.

La Scelta dell’Amministratore di Sostegno: tra Volontà del Beneficiario e Conflitti d’Interesse

 L’articolo 408 del codice civile dà priorità alla persona designata dal beneficiario come proprio amministratore di sostegno. Ignorare questa indicazione richiede una motivazione specifica e dettagliata (Cass. 24251/2024). Criticità ancora maggiori emergono quando viene nominato, anche solo in via provvisoria, un familiare che si trova in una palese posizione di conflitto di interessi, come il figlio che ha promosso il giudizio proprio per contrastare una scelta patrimoniale del genitore. In tali circostanze, l’amministratore rischia di agire non per l’esclusivo interesse del beneficiario, ma per il perseguimento di un interesse proprio o familiare, snaturando completamente la funzione dell’istituto.

Strumenti di Tutela e Dinamicità della Misura

 Un aspetto spesso sottovalutato è la dinamicità dell’amministrazione di sostegno: la legge prevede strumenti di tutela che consentono di correggere abusi o errori. Il beneficiario, i parenti e il pubblico ministero possono proporre reclamo contro i provvedimenti del giudice tutelare (art. 739 c.p.c.), nonché istanze di revoca o modifica della misura (art. 742 c.p.c.; art. 473-bis.23 c.p.c.) in presenza di fatti nuovi o sopravvenuti. Questi strumenti sono essenziali per garantire che la misura resti sempre proporzionata e adeguata alle reali esigenze della persona.

Prospettive Future: Formazione e Cultura dell’Autodeterminazione

 Guardando avanti, è fondamentale investire nella formazione degli operatori del diritto e nella sensibilizzazione culturale sul tema dell’autodeterminazione. Solo una cultura giuridica attenta e aggiornata può garantire che l’amministrazione di sostegno resti uno strumento di tutela e non si trasformi in una camicia di forza giuridica.

Conclusioni: Vigilare per Proteggere Davvero 

L’amministrazione di sostegno resta uno strumento giuridico di straordinario valore. La sua efficacia, però, dipende da un’applicazione attenta, sensibile e rigorosa della legge. È compito di tutti gli operatori del diritto – giudici, avvocati e amministratori di sostegno – vigilare affinché la prassi non tradisca lo spirito della norma. Il rispetto della volontà della persona, la completezza dell’istruttoria e la proporzionalità della misura non sono mere clausole di stile, ma i pilastri che impediscono a uno strumento di protezione di trasformarsi in una limitazione ingiustificata della libertà personale. Solo così la tutela dei più fragili potrà realizzarsi nel pieno rispetto della loro dignità e della loro irrinunciabile autonomia.

L’Amministrazione di Sostegno deve essere un “vestito su misura” per la fragilità, non una camicia di forza giuridica.

La vera Tutela non si misura dai Poteri dell’Amministratore, ma dai Diritti che restano al Beneficiario.


Articolo a cura dell’ Avv. Valerio OlivieriStudio Legale Olivieri, Roma e Avezzano
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